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                                                                           sofferenza che molte volte la vita ci riserva come un
                             Se le radici                                  dono. L’aggancio privilegiato furono gli anni della vita
                                                                           scout. Conservava ancora gelosamente le foto di quel
                          non muoiono                                      tempo. Non mi resi conto fino a qual punto fosse con-

                                                                           sapevole della gravità della sua malattia. Morì in via
                                                                           Trento Trieste il 23 marzo 2004.

                                                                              Nei mesi precedenti mi fu raccontata dagli amici
                                                                           che amorevolmente lo assistevano, la sua travagliata
                                                                           storia. Alcuni anni di vita facile li ebbe, per il fascino
                                                                           personale che gli consentì sorprendentemente una vita
                     Una storia che vale la pena di raccontare. Non stra-  agevole e spensierata senza fatica alcuna. In giro per
                   ordinaria. Non edificante. Contraddittoria e talvolta   il mondo. Finì poi in un’amara solitudine gli ultimi
                   amara. La storia di un ragazzo come tanti, che per      anni della sua vita senza casa, senza lavoro, contando
                   qualche anno l’Oratorio era stato per lui quotidiano    sulla fedeltà di alcuni amici che non lo abbandonarono
                   luogo di riferimento. Lì, aveva gli amici e si divertiva.  mai.
                   Non riuscì a resistere al fascino degli scout, forse per
                   l’uniforme, per quello che facevano, per l’originale       Molto di quello che ci siamo detti negli ultimi gior-
                   dinamica di tante attività ricche di interessi e con forti  ni della sua vita resta nel segreto dell’anima.
                   richiami all’avventura. Lino, che fu suo capo squadri-     Ma era facile il ritorno alla vita oratoriana: “Sono
                   glia, lo ricorda bene. Era un bel tipo - dice – allegro,  stati gli anni belli della mia vita”. Poi aggiungeva
                   sempre voglia di scherzare, di simpatia accattivante…e  sorridendo e forse per farsi perdonare: “Non sono sta-
                   senza scrupoli per barare!                              to bravo, non ho mantenuto la mia promessa”.
                                                                              Ed io di rincalzo: “Sono tempi lontanissimi…una
                     A questo limite dello stile scout, ne accompagnava    promessa che non ricordi più”.
                   un altro che avrebbe compromesso la progressione per-      Contento di sorprendermi con un filo di voce appe-
                   sonale. “Era un po’ sfaticato”, aggiunge il suo capo    na percepibile, la ripetè intera, faticosamente ma senza
                   squadriglia. Passava con scaltrezza i suoi impegni agli  incertezza, parola per parola. E aggiunse dopo una
                   altri e lo faceva in modo divertito e divertente. Parte-  lunga pausa: “E’ difficile…è difficile…” “Per questo,
                   cipò a qualche campo estivo mettendo a rischio il       Dino, abbiamo detto e diciamo  con l’aiuto di Dio”.
                   prestigio della sua squadriglia e poi scomparve.           E’ certo. Solo Dio conosce tutta la nostra storia,
                                                                           tutto il mistero della nostra vita. Solo Lui sa quello
                     La libertà che gli dava l’Oratorio non gli bastava.   che c’è nel cuore di ogni Sua creatura.
                   Gli stava stretta. Sentì il bisogno di un’altra libertà a
                   lui più promettente, ma ingannevole. Altri amici, altro
                   ambiente, altre esperienze stimate senza il
                   condizionamento delle regole.
                     E non lo vidi più. Neanche nelle occasioni delle
                   fuggevoli “rimpatriate”, nelle ricorrenze straordinarie
                   nelle quali tutti “gli ex” venivano invitati. Uno dei
                   tanti che lasciano, che si “perdono”, per i quali si in-
                   terrompe un progetto educativo e di speranza.

                     Nell’autunno del 2003, dopo quarant’anni circa, ho
                   saputo che Dino Cavazzuti – è di lui che parlo – era
                   degente all’ospedale e che sarebbe stato contento di
                   vedermi. Non è necessario descrivere l’emozione del-
                   l’incontro. Reciproca. Ricominciare un dialogo. Risve-
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