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                                                       Introduzione



                                        Ritorno alle radici








          “Perché non scrivi queste cose?”
          La domanda mi è stata spesso rivolta dagli amici e dalle persone casualmente incontrate e rese partecipi di
          singolari eventi della mia vita.


          Effettivamente, il lungo ministero tra i giovani si è fatto ricco di esperienza, di aneddoti, di piacevoli avventure
          e di innumerevoli incontri con ragazzi di diverse generazioni. All’Oratorio e in giro per il mondo.
          Non ho mai accolto il suggerimento o ceduto alla tentazione di raccoglierle in un libro, ben consapevole
          dell’impegno e delle capacità che una iniziativa del genere richiede.

          Poi, nel riordinare l’ampia documentazione della storia oratoriana, dal 1952 ai giorni nostri, tra nostalgia e
          commozione, mi sono deciso a scrivere. Ho contato molto sulla collaborazione di amici che mi hanno fornito
          brillanti testimonianze, raccontate con varietà di stile e dettagliatamente circostanziate, per farne dono alle
          generazioni che salgono. Per progetti in atto e future prospettive.


          Meno preoccupato degli aspetti formali della stesura e sempre perplesso sull’opportunità dell’operazione, mi
          sono messo all’opera, non con l’intento di fare una storia, anche se di eventi e di persone dovrò parlare, non
          trascurando i tanti con i quali ho percorso solo un tratto di strada.

          Ciò che mi preme è lasciare un messaggio.
          A coloro che hanno condiviso con me vita e ideali.
          Al numero incalcolabile di altri uniti a me da vincoli di amicizia che il tempo ha reso lenti o cancellati.
          Un messaggio per dire che è stato ed è prezioso il tempo della nostra vita; che quello vissuto insieme, poco o
          tanto, è sempre memorabile.
          Non è perduto. Non è definitivamente sepolto.


          Fatico a comprendere le persone senza speranza.
          Penso al vuoto di senso che li accompagna.
          Tuttavia, mi sono reso conto dell’abisso che esiste, talvolta, tra gli ideali sognati nelle prime stagioni della vita
          e la realtà vissuta e condizionata da esperienze imprevedibili.


          La fede che il Signore mi ha donato mi permette di essere ostinatamente ottimista.
          Credo che le “radici” affondate nell’humus oratoriano, così pregnante di valori, siano ancora vive.
          A queste “radici” intendono portarci le parole scritte e le straordinarie immagini di questo libro.
          Alle nostre radici: con la memoria e con il cuore.
          Per continuare a vivere, con saggezza, i giorni nostri che ancora “sono sotto il sole” (Qoelet)




                                                                                               Don Nino
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