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192 Nella vita di oggi
Il tragitto casa – Eden era sempre rigorosamente progettare attività e imprese, a pedalare più in fretta
quello: via Nicolò Biondo, Carducci, Petrarca, Cesare quando bisognava e raccontare scuse alla mamma, per
Battisti e finalmente appariva a distanza il muro a pietra tanti inspiegabili ritardi. Purtroppo non se ne fece nulla,
vista di uno degli antichi stabili del complesso per motivi tecnici (mai riuscimmo a montare in modo
monumentale di Santa Chiara. Qualche pedalata anco- sicuro, sul manubrio della bici la macchina da presa!).
ra, un’impennata per superare uno scalino ed eri di L’idea ci sembrò comunque originale e straordinaria.
nuovo a casa. Stavano tra quelle mura gli spazi per i Peccato!
nostri giochi, delle nostre amicizie, dei nostri sogni.
Come un interminabile susseguirsi di sequenze ci-
E fra i primi sogni ci fu quello di realizzare un nematografiche, nella memoria sono impresse in modo
cortometraggio – amatoriale naturalmente – sul per- indelebile, le immagini della mia vita all’Eden. A rac-
corso quasi quotidiano per andare all’Oratorio e facen- contare tutto occorrerebbe non un breve cortometraggio
do della mia bici, la protagonista. ma un’intera cineteca.
Alessandro, mio fratello, si dedicava con passione, A proposito di film penso alla saletta di proiezione
fin d’allora, alla fotografia; io preferivo la cinepresa situata al primo piano del palazzo prospiciente via Santa
utilizzata per ricordare ricorrenze, feste di famiglia o Chiara, con una trentina di posti a sedere. Vedo ancora
qualche altro straordinario evento. il buco nella parete di fondo e il fascio di luce colorata
magicamente in movimento, per dare vita alle imma-
gini sullo schermo. Di queste immagini indimenticabi-
li restarono, per me bambino quelle di Molokai, il film
che raccontava l’eroica storia di un missionario morto
lebbroso fra i lebbrosi. Quella volta – e non ne ricordo
altre – al cinema ho pianto.
Ancora, tra quelle vecchie mura, oltre aver appreso
tutto quello che bisognava sapere per l’iniziazione cri-
stiana, ho percorso tutto l’itinerario scout fino ad of-
frire per anni, fatto adulto, il mio servizio come capo
educatore. Mi diverte il ricordo del primo gioco da
lupetto propostomi da Fulvio che già aveva incomin-
ciato la sua incomparabile carriera: il gioco dell’Oro-
logio ( un pittoresco orologio di cartone!) con le lan-
cette che misteriosamente si muovevano sulle ore.
Momenti curiosi e di magico apprendimento per chi
ancora l’orologio non sapeva leggere. E per raggiun-
gere le specialità di mani abili e di amico degli anima-
li, costruì una casetta-nido per gli uccelli, ben fatta
con l’aiuto di papà, ma non trovò mai posto sugli al-
Nella foto: Roberto Andreoli e la sorella Rosangela
beri perché troppo grande!
Concretizzammo insieme l’idea del cortometraggio, Non so se la mia macchina da presa sarebbe stata
preparammo scrupolosamente una breve e presuntuosa in grado di riprendere la mia iniziale timidezza.
sceneggiatura.
Sul tragitto Casa-Oratorio doveva essere la biciclet- Da piccolo non osavo propormi per un gioco o una
ta a prendere coscienza del suo compito, andando avanti danza, nel cerchio o al fuoco di bivacco e neanche per
indietro, in modo autonomo sul percorso una lettura durante la preghiera. Ero capacissimo di
intero….lasciando al ciclista Roberto la possibilità di farlo ma non riuscivo a superare la paura di sbagliare:
restare in altre faccende affaccendato, con gli amici, a un incubo, davvero!

