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                     Il tragitto casa – Eden era sempre rigorosamente      progettare attività e imprese, a pedalare più in fretta
                   quello: via Nicolò Biondo, Carducci, Petrarca, Cesare   quando bisognava e raccontare scuse alla mamma, per
                   Battisti e finalmente appariva a distanza il muro a pietra  tanti inspiegabili ritardi. Purtroppo non se ne fece nulla,
                   vista di uno degli antichi stabili del complesso        per motivi tecnici (mai riuscimmo a montare in modo
                   monumentale di Santa Chiara. Qualche pedalata anco-     sicuro, sul manubrio della bici la macchina da presa!).
                   ra, un’impennata per superare uno scalino ed eri di     L’idea ci sembrò comunque originale e straordinaria.
                   nuovo a casa. Stavano tra quelle mura gli spazi per i   Peccato!
                   nostri giochi, delle nostre amicizie, dei nostri sogni.
                                                                              Come un interminabile susseguirsi di sequenze ci-
                     E fra i primi sogni ci fu quello di realizzare un     nematografiche, nella memoria sono impresse in modo
                   cortometraggio – amatoriale naturalmente – sul per-     indelebile, le immagini della mia vita all’Eden. A rac-
                   corso quasi quotidiano per andare all’Oratorio e facen-  contare tutto occorrerebbe non un breve cortometraggio
                   do della mia bici, la protagonista.                     ma un’intera cineteca.


                     Alessandro, mio fratello, si dedicava con passione,      A proposito di film penso alla saletta di proiezione
                   fin d’allora, alla fotografia; io preferivo la cinepresa  situata al primo piano del palazzo prospiciente via Santa
                   utilizzata per ricordare ricorrenze, feste di famiglia o  Chiara, con una trentina di posti a sedere. Vedo ancora
                   qualche altro straordinario evento.                     il buco nella parete di fondo e il fascio di luce colorata
                                                                           magicamente in movimento, per dare vita alle imma-
                                                                           gini sullo schermo. Di queste immagini indimenticabi-
                                                                           li restarono, per me bambino quelle di Molokai, il film
                                                                           che raccontava l’eroica storia di un missionario morto
                                                                           lebbroso fra i lebbrosi. Quella volta – e non ne ricordo
                                                                           altre – al cinema ho pianto.


                                                                              Ancora, tra quelle vecchie mura, oltre aver appreso
                                                                           tutto quello che bisognava sapere per l’iniziazione cri-
                                                                           stiana, ho percorso tutto l’itinerario scout fino ad of-
                                                                           frire per anni, fatto adulto, il mio servizio come capo
                                                                           educatore. Mi diverte il ricordo del primo gioco da
                                                                           lupetto propostomi da Fulvio che già aveva incomin-
                                                                           ciato la sua incomparabile carriera: il gioco dell’Oro-
                                                                           logio ( un pittoresco orologio di cartone!) con le lan-
                                                                           cette che misteriosamente si muovevano sulle ore.
                                                                           Momenti curiosi e di magico apprendimento per chi
                                                                           ancora l’orologio non sapeva leggere. E per raggiun-
                                                                           gere le specialità di mani abili e di amico degli anima-
                                                                           li, costruì una casetta-nido per gli uccelli, ben fatta
                                                                           con l’aiuto di papà, ma non trovò mai posto sugli al-
                   Nella foto: Roberto Andreoli e la sorella Rosangela
                                                                           beri perché troppo grande!

                     Concretizzammo insieme l’idea del cortometraggio,        Non so se la mia macchina da presa sarebbe stata
                   preparammo scrupolosamente una breve e presuntuosa      in grado di riprendere la mia iniziale timidezza.
                   sceneggiatura.
                     Sul tragitto Casa-Oratorio doveva essere la biciclet-    Da piccolo non osavo propormi per un gioco o una
                   ta a prendere coscienza del suo compito, andando avanti  danza, nel cerchio o al fuoco di bivacco e neanche per
                   indietro, in modo autonomo sul percorso                 una lettura durante la preghiera. Ero capacissimo di
                   intero….lasciando al ciclista Roberto la possibilità di  farlo ma non riuscivo a superare la paura di sbagliare:
                   restare in altre faccende affaccendato, con gli amici, a  un incubo, davvero!
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