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Una missione da compiere 41
tava rischi ma che anticipava tempi e metodologie.
Finì per affermare: “Parvuli petierunt panem et non
Club del Corso: erat qui frangeret eis” (“I piccoli, senza distinzione,
domandavano pane e non c’era chi lo spezzasse loro”).
Bisogna riconoscere che la critica allora poteva
una straordinaria essere facile. Correvano tempi nei quali il ballo era
imitabile esperienza esorcizzato e che una sola sala aperta per questo diver-
timento era sufficiente per far sospendere la processio-
ne nella festa del Patrono. Tempi in cui negli ambienti
parrocchiali e nella vita associativa la promiscuità non
era tollerata perché considerata occasione moralmente
pericolosa.
Soltanto un vescovo di larghe vedute, per aver avu-
Don Vincenzo, nelle poche cose scritte lasciate sulla to come francescano responsabilità di carattere inter-
vita dell’ACEG, parla del Club del Corso come una nazionale (fu Superiore Generale), mons. Vigilio Fe-
delle più interessanti proposte della Fondazione. derico Dalla Zuanna, considerato da don Vincenzo
Iniziativa anche questa realizzata in grande con l’in- come il “padre buono”, seppe capire ed incoraggiare
tento di farne un meraviglioso campo di apostolato, un tentativo così profetico ed innovatore.
“un’iniziativa da giudicare, sorreggere, incoraggiare”. Un circolo ricreativo che raggiunse gli 800 soci
Don Vincenzo lo seguì per molti anni e con atten- iscritti non poteva considerarsi una cosa di poco conto
zione, angustiato talvolta per aver ricevuto più critiche e il suo prestigio durò per decenni in tutta la città, per
che collaborazione nel tentativo pastorale che compor- la promozione di iniziative di ogni genere e sempre di

