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160 Nel dono di un servizio
Quando l’oratorio aprì le porte ai ragazzi della cit-
tà, senza discriminazione alcuna, Maria chiese di ve-
Alfredo dermi, mi parlò con le lacrime agli occhi e mi affidò
i suoi figli.
Il suo inseparabile “A scuola non me li hanno presi, non so perché”,
mazzo di chiavi disse, “Li prenda qui nei suoi cortili… o mi tocca
lasciarli sulla strada”.
I due bambini non parlavano, erano timidi ed im-
pacciati e sembravano non aver interesse neanche per
il gioco.
Nato nell’anno 1940, trascorre l’infanzia nell’am- Dopo qualche tempo Aristide sparì. Non si sa come
biente moralmente degradato del Palamaio in via e dove. Rimase Alfredo, che poté godere dell’attenzio-
S.Chiara, con il fratello Aristide e la mamma Maria, ne e della sensibilità di Romano Rebecchi (già colla-
nota per essere stata un campione di disordine e di boratore all’oratorio) che se ne prese cura.
sporcizia, al punto da meritarsi un appellativo, per Gli insegnò ad usare la scopa, gli diede fiducia,
rispetto, irripetibile. Povera in tutti i sensi, godeva di affidandogli l’onere di custodire gli attrezzi da lavoro,
una pensione come vedova di guerra che le consentiva di innaffiare i fiori… fino a strappargli dalla bocca
di sfamare i suoi bambini. qualche espressione monosillabica, qualche sorriso,
qualche atteggiamento chiaramente soddisfatto.
Alfredo
alle prese
con lucchetti
e chiavi

