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le sue aspirazioni ideali. I concetti di “pastoralità e
paternità” nemmeno lo sfiorano. A Mirandola, dove
venni inviato come vicario cooperatore, fui sconvolto e
spaventato dai servizi che mi furono affidati. Insegnante
di religione al liceo classico, senza alcuna preparazione
didattica, senza indicazioni di contenuti da proporre
agli allievi, al di là delle nozioni teologiche apprese a
scuola. E poi il catechismo, la preparazione ai sacramenti
con metodologie mnemoniche e nozionistiche e con lo
sconforto di una disciplina difficile da tenere. Si aggiunse
inatteso un servizio non molto in sintonia con la mia
emotività: un turno settimanale all’ospedale per assistere
i malati, amministrare l’estrema unzione ai moribondi, in
situazioni talvolta drammatiche, che facevano sentire il
bisogno di ricevere più che dare coraggio e conforto. Non
dimentico il disagio e l’apprensione di andare di casa in
casa per le benedizioni pasquali, frequentemente rifiutato
o accolto con atteggiamenti e parole che risentivano dei
contrasti e delle fortissime tensioni politiche ancora in
atto. Soltanto dopo sette anni di esperienze pastorali
a Mirandola, provvidenziali, certamente, anche quelle
considerate negative, soltanto quando ho sperimentato
la fatica e la sofferenza del primo strappo con il
trasferimento ad altro servizio, lasciando una comunità
giovanile miracolosamente fiorita e una parrocchia che
mi ha aiutato a scoprire la fecondità e la bellezza della
mia vocazione…soltanto allora ho incominciato a capire
il senso della delle parole “Pastore e Padre”.
L’identità del sacerdote e l’unicità del carisma nella
Chiesa sono sempre al centro della riflessione teologica
ma quale migliore occasione sentirlo raccontare da
chi l’ha vissuto per un tempo così lungo. Ci viene in
aiuto anche Papa Francesco che quando parla ai preti
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